Della grandezza – a volte piccola – del mondo.


Avete presente quando i rapporti con una certa persona non vanno come vi eravate prefissati? Avete presente quando il desiderio di vedere qualcuno è così basso da guardare dietro ogni angolo o muro per evitare di ritrovarsi proprio quella persona davanti? Avete presente quando ci sarebbe una sola persona al mondo in grado di raddrizzarvi la giornata se solo la incrociaste per caso in mezzo alla strada? Avete presente quando vi sentite osservati per poi scoprire che qualcuno che “conoscevate” vi sta fissando da lontano, ma non accenna ad avvicinarsi o a salutarvi? Avete presente?

Sono molti i casi in cui è difficile controllare le emozioni, sono talmente irrazionali, proprio non sentono la ragione, seguono il cuore, e quel muscolo -accidenti!- ci fosse una volta che segua delle cose ragionevoli. Ce ne fosse una, di volta!
Avere a che fare con le persone, in più, non è cosa facile. Sono state spese parole importanti sul fatto che l’essere umano sia un animale sociale, tenda a volersi unire ai suoi simili, a stringere legami con persone che ritiene simili e diverse da lui al punto giusto. Così come è irrazionale voler bene a qualcuno e volerlo vedere sempre, così è irrazionale – molte volte, ma non sempre – il non riuscire a vedere qualcun altro.

Io sono una di quelle persone che sogna a occhi aperti, il più delle volte, per di più, sogno di fare incontri ben sperati, passare momenti indimenticabili in stile film romantico – in stile quelli di Sandra Bullock – e poter passare il tempo insieme alla persona amata. La maggior parte delle volte questi sogni vengono brutalmente interrotti da ciò che succede nella realtà, sotto casa non ho mai lui ad aspettarmi, magari sotto la pioggia, magari con un mazzo di rose, magari con un sorriso dolce e l’espressione dasono ore che ti aspetto, mi sei mancata“, magari con quella luce negli occhi che mi dice che sono l’unica.
Voi non vi siete mai sorpresi a fantasticare una cosa simile?

Io sogno a occhi aperti e controllo ogni angolo, ogni incrocio, cerco in ogni volto quello delle persone che di più al mondo vorrei vedere, ed è un’emozione quando mi capita di vederle – o di credere di vederle. Quando ho il grande desiderio di vedere quella persona e poi non la trovo, là dove mi ero immaginata di trovarla, be’, la delusione c’è, e sarei una bugiarda a dire di no. Anche quando, invece, mi è capitato di dire che non mi aveva fatto piacere vedere quella persona e magari passarci del tempo o ricevere dei messaggi o delle chiamate: mentivo, e solo chi mi conosce bene sa quanto questo sia vero, solo chi mi conosce bene ha saputo leggere tra le righe delle mie dichiarazioni e delle mie espressioni e dei miei sorrisi tristi.
Nonostante il cinismo con cui vesto alcune affermazioni, sotto sotto, rimane la mia veste di inguaribile romantica e, ultimamente – ma sarebbe meglio essere onesti del tutto e dire da cinque anni e più a questa parte -, questa è stata la cosa con cui mi sono fatta più male io da sola che non con l’aiuto degli altri – che fidatevi comunque ci riescono molto bene.

Il fatto che Facebook abbia tirato fuori questa cosa dei ricordi per ricordarci ogni giorno che cosa avevamo pubblicato un anno fa, due anni fa, sei anni fa ecc ecc non è che la prova del fatto che siamo un po’ tutti degli inguaribili romantici, noi e la nostra voglia di vedere con chi avevamo stretto amicizia due anni fa, a chi avevamo dedicato quella canzone dolce dolce quattro anni fa e chi avevamo conosciuto durante quella pazza serata in discoteca cinque anni fa, con chi è che avevamo litigato al punto di eliminarci da Facebook per poi raggiungerci tempo dopo, magari dopo uno scambio di messaggi privati tanto infervorato quanto stupido, rivisto tempo dopo. Perché mi ostino ogni mattina a volermi far ricordare che ho dedicato alcune delle parole più dolci a qualcuno che mi ha metaforicamente sputato in un occhio, mollata, ripresa, ri-mollata e ri-ripresa svariate volte? Non ho una risposta, ma ho un’ipotesi e guarda caso sta nel mio essere una romanticona, proprio inguaribile.

I ricordi sono sia la parte migliore sia la parte peggiore della nostra esistenza, a mio avviso. Ci tormentano quando non sono piacevoli e ci ricordano quanto possiamo essere stati felici, amati, coraggiosi, simpatici, brillanti, tristi, allegri, innamorati, ciechi, veggenti… Insomma, il solo fatto di avere la fortuna di avere dei ricordi tutti per noi o da condividere con qualcuno di importante per noi è una gran fortuna, una delle cose belle che ci possono capitare nella vita. Fino a quando non siamo noi stessi a farceli ritorcere contro.
Esattamente come, se fossimo un minimo più razionali di quanto spesso siamo e nello specifico sono, non dovremmo sentirci sempre seguiti o spiati da quelle persone che temiamo di vedere perché, in realtà, abbiamo troppa paura di ammettere che vogliamo vedere, più di ogni altra cosa al mondo. Quelle persone e quei ricordi, entrambi, sì, entrambi, sono parte di noi e noi dobbiamo imparare a conviverci perché, come dimostrano le diverse situazioni della vita, quando meno ce lo aspettiamo torneranno a farci visita e per allora sarà meglio che abbiamo imparato a conviverci come si deve.

Il mondo è piccolo.

Cit.

Scagli la prima pietra chi non se l’è mai sentito dire. Nessuno? Scagli la pietra chi non l’ha mai detto. Ancora nessuno? Ragazzi, è perché non è così, semplice. Il mondo è piccolo fino a un certo punto, solo fino a che quel punto non va a sforzare sulla leva del destino che vuole a tutti i costi che la tua strada si vada a incrociare finalmente – di nuovo – con quella determinata persona, da cui magari ti sei nascosto, o magari no, che magari hai inseguito o hai depistato. Insomma: il destino è capace anche di restringerti il mondo a suo piacimento. Proprio quando meno te lo aspetti. E solitamente anche se avevi sognato, magari, quel momento con tutto il cuore, la realtà rispecchierà molto di rado quelle altissime aspettative che avevi nutrito per così tanto tempo e con così tanto impegno.

Il mondo è grande quando provi una voglia talmente grande di vedere qualcuno che anche una manciata di isolati diventano insuperabili, che anche qualche minuto di incongruenza come orari risulta essere impossibile da conciliare. Il mondo è grande quando certi incontri proprio non si riescono a fare, anche se la distanza è banale, le scuse ridicole e il desiderio tanto forte da bruciare dentro. Il mondo è grande quando la distanza fa così male da non far respirare bene, facendoci dimenticare che per sopravvivere serve inspirare e poi espirare.
Il mondo è piccolo quando anche la distanza più grande viene colmata, quando anche quella distanza che pareva enorme così, di botto, viene annullata da un incontro casuale, una mattina, o una sera, da uno sguardo fugace, una sgommata della macchina, un sospiro, un batticuore.
E le strade che tornano a separarsi fino alla volta casuale successiva. Il mondo è piccolo quando i casi della vita, o le sorprese ti faranno ricredere sulla sua grandezza, quando sarà possibile rivedere quella persona, tornare a specchiarsi nei suoi occhi, a sentire la sua voce.
Adoro la sensazione dell’incontro casuale così tanto desiderato da non essere quasi creduto possibile anche nel momento stesso in cui capita, provocando un accesso di adrenalina e di batticuore. Adoro la sensazione degli occhi che si incrociano di nuovo dopo tanto tempo, cercandosi, ma fuggendosi allo stesso tempo, capaci di trasmettere un brivido lungo la schiena che, nonostante l’attimo che è durato l’incontro, permane per molto tempo. Adoro quando il mondo grande, d’un tratto, a sorpresa, si rimpicciolisce di colpo, restituendoti una delle tue più care amiche la settimana dopo averti permesso di vedere che quell’altra persona c’è ancora e che, magari, è quella persona che sta solo posticipando l’inevitabile e che, questa volta, non sei tu a scappare, ma quella persona.
Perché Torino, ma anche Cuneo, Milano, o Roma, o New York, saranno anche città più o meno grandi, ma alla fine, se ci si pensa, anche loro non saranno mai grandi abbastanza per non vedersi mai più, prima o poi capiterà e chissà quando.
Meglio tenersi pronti per qualunque evenienza.

Bye.

Una di quelle sere…


In realtà tutto quello che uscirà dopo questa digitazione non so dove mi condurrà, come più o meno il 40% delle volte in cui mi metto davanti al foglio bianco.
Il titolo, in origine, voleva essere in inglese “it feels like one of those nights…”, poi però ho pensato di tradurlo, sarebbe stato un rimando troppo evidente a una canzone di Taylor Swift (don’t judge me). La canzone in questione è 22, scoperta recente ed entrata subito nell’elenco di quelle canzoni che fanno parte di quelle che mi ricordano gli anni che ho compiuto (“Sweet 16”, “Seventeen forever”, “Twenty years”, “21 guns”…). Ce n’è un po’ per tutti i gusti, insomma.

E mi sembra davvero oggi una di quelle sere, una di quelle in cui non si dorme, in cui ci si innamora di sconosciuti, in cui si balla sino ad avere la testa che gira come una trottola. Stasera è una di quelle sere in cui se mi fermo crollo, una di quelle in cui il silenzio mi blocca e la solitudine mi zittisce. Una di quelle sere in cui o esci con gli amici o ti rotoli tra le coperte in lacrime, e perdonatemi se preferisco la prima opzione alla seconda. Non deve necessariamente essere capitato qualcosa di brutto, anzi, ultimamente succede tutto nella mia testa, perché sto facendo la brava e mi sto tenendo lontana dai guai (anche quando questi guai sono delle persone, magari una in particolare, per cui faresti carte false pur di vederle).
Stasera però mi sento  un po’ così, sarà che la musica pop è orecchiabile, ma mi fa tornare quindicenne piena di fisse. Sarà che gli amori impossibili sono sempre quelli più desiderati. Sarà, sarà, sarà!

Avete fatto caso, però, a come parliamo noi in italiano dell’amore? Ci si innamora. Quasi una cosa scientifica, è una cosa che capita. Due persone. Un interesse da una parte sola, per i più sfortunati o fortunati (avevo il professore di filosofia al liceo che sosteneva fosse una fortuna vivere un amore non corrisposto) dipende dai punti di vista, o da ambo le parti. Quasi una cosa cercata. Come fosse una missione con un preciso obiettivo.
Avete notato, invece, nelle altre lingue? Per esempio: in francese si dice “tomber amoureux de quelqu’un” quando ci si innamora di qualcuno, così come in inglese si dice “to fall in love with somebody“. C’è l’idea di una caduta, la casualità dell’evento, la sua non prevedibilità, la sua non scelta è qui elemento portante delle due espressioni. Ma poi c’è un ulteriore differenza: per gli inglesi si cade insieme a qualcuno nella trappola dell’amore, mentre per i francesi è di qualcuno, anche loro, come noi italiani (non per niente siamo “i cugini”), prevedono una posizione anche non corrisposta, mentre gli inglesi al momento appaiono i più sognatori con un amore casuale, voluto dal destino e corrisposto.

Non è che stasera fosse una di quelle sere in cui ero partita con l’idea di ridurmi a fare la maestrina di turno. Anzi. Ultimamente lo sono spesso, la precisina che sta lì a fare le pulci alle varie questioni, ma questa è un’idea che mi è venuta stamattina. Non so neanche io perché. Insomma, devo essere particolarmente turbata se alle 8 del mattino già mi ritrovo a ansare a discorsi del genere, o no?
Non so nemmeno perché stia lasciando libero sfogo a tutte queste parole, in fondo sono solo un caos che rende ancora più evidente il fatto che dovrei parlare un po’ di più e smettere di tenere le cose serie per me, ma ultimamente non penso che nessuno starebbe più di tanto ad ascoltarmi per cui “Come stai?” “Bene, tu?” è la conversazione standard, poi che sia benedetto il giorno in cui alla gente sono stati forniti dei paraocchi con i controfiocchi perché almeno non sta a vedere che diavolo succede dall’altra parte, almeno fintanto che io non scoppierò per l’ennesima volta, magari in lacrime, magari in mezzo alla strada, magari urlando e sciogliendomi in pianti isterici lunghi secoli.

Stasera sì, vorrei effettivamente ballare come mi sentissi quei 22 anni che ho compiuto il 23 gennaio. Vorrei perdonare chi stupidamente non riesce ad accettare le cose più ovvie come il fatto che se si potesse scegliere chi amare in questo mondo probabilmente non ci sarebbe tristezza e vorrei saper ringraziare chi c’è da sempre anche per quei momenti in cui mi sono sentita abbandonata e poi vorrei che la gente che sto volutamente ignorando da anni si arrendesse all’evidenza “hai fatto il pezzo di sterco umano? Ecco la fine che ti meriti. Con affetto, la mia famiglia tutta”.
Sostanzialmente questo post ha voluto essere quella valvola di sfogo che questo blog ha rappresentato per me sin dall’inizio. Non ho interesse nel fatto che qualcuno legga queste mie parole, ma presto o tardi avrei dovuto scriverle, anche solo per ricordarmene io in futuro.

Bye.

Sì, viaggiare…


Oggi mi sono resa conto di avere voglia di scrivere, di nuovo, ancora, ora e per sempre.

Non so cosa sia cambiato, ma qualcosa mi ha ridato la forza di premere i tasti e cancellare il bianco dai fogli di testo del mio bianco computer. Tutto questo bianco mi inquieta, un po’ come il bianco delle notti in bianco insonni passate a fissare il soffitto al buio tormentati da mille pensieri. E’ la stessa sensazione di ansia, la stessa paura, la stessa tristezza, ma per me scrivere è vita, sono me stessa, esprimo me stessa e non mi nascondo più. Quando scrivo non indosso maschere. Posso esprimermi dicendo tutto quello che mi passa per la testa, il solo -si fa per dire- problema è quello relativo al coraggio necessario a iniziare.

Quanto si fa presto a dire agli altri cosa devono fare perché è meglio così? Dare consigli è una cosa che mi è sempre riuscita abbastanza bene, e al diavolo la modestia!, sono sempre riuscita ad analizzare lucidamente le situazioni che innervosivano o preoccupavano gli altri, per quanto riguarda invece i miei problemi e le mie questioni… Nulla. Zero totale. Siamo un po’ tutti fatti così però.

Ultimamente non mi pronuncio più, non dico nulla, non chiedo nulla, cosa potrei ormai dire io dal basso della mia esperienza? Lo ripeto in continuazione “Io che consiglio potrei darti? Sono un disastro ambulante!”. La mia ostentata sicurezza si sta andando é odio passare per quella che si lamenta sempre, ma ormai è troppo evidente.

Ditemi: cosa sapete di me? Sono curiosa. Quante cose di me vi ho detto nell’ultimo periodo? Se la risposta è “Niente più di quello che già sapessi in precedenza” avete centrato il punto. E’ quella la questione non vi sta raccontando nulla perché nella mia testa c’è un tale e tanto casino che mi ci rifugio, il mio casino mentale mi accetta per quella che sono, cosa che sono sicura nessun altro sarebbe in grado di fare per più di poche ore alla settimana, figuriamoci prefigurarsi un futuro insieme e una vita di coppia (e sì, sto parlando di te, mio bel fusto).

Alla fine che siano canzoni o telefilm che mi portano a riflettere su tutto quello che mi sta succedendo in questi mesi, il punto centrale è quella stessa persona con cui non dovrei avere più niente a che fare. Scrivere è liberatorio e non lo metto in dubbio, ma vedere quel qualcuno potrebbe essere una gran soluzione, solo che non sarebbe mai come vorrei. E allora le mie peregrinazioni mentali mi riportano con i piedi per terra, a ragionare di una solitudine autoimposta, voluta e ricevuta per via di gusti ed esperienze passate.

“Che vuoi fare della tua vita?”. Non nascondo che vorrei avere una risposta a questa domanda, lo vorrei tanto, eppure la mia mente è piena di dubbi, domande, “what ifs” e troppi silenzi in risposta. Cosa succederebbe se buttassi tutto all’aria? Cosa capiterebbe se non fossi poi soddisfatta della laurea cui sto arrivando a passi da gigante, ormai? Cosa ne sarebbe di me? Delle mie radici? Come si può pensare di migrare in terre lontane se si sente il bisogno estremo di un attaccamento a terre d’origine, affetti e sicurezze? Avrei bisogno di un esilio forzato. L’idea si sta facendo strada nella mia mente, se mi si cacciasse da qualche posto non potrei fare altro che andarmene e non dovrei sentirmi in colpa per aver abbandonato la base. Eppure continuo ad essere combattuta. Perché?

Perché in fondo in fondo, neanche poi così tanto segretamente, spero ancora in un futuro rosa, positivo, romantico e felice con te. E non sono ancora disposta a lasciare andare la mia presa su queste “radici”.

Stupida, stupida, stupida.

 

Bye.